Cambia la forma ma non la sostanza





Sono passate nemmeno ventiquattro ore dalla nomina ufficiale a primo ministro di Giorgia Meloni, la quale ha costruito il suo successo elettorale sulla promessa di non continuità con il precedente esecutivo, reo di aver portato la tensione sociale a livelli mai vista prima. La nuova espressione lungi dal rappresentare un autentico e utopistico cambiamento, poggia le proprie basi sulla classica posizione che ogni governo deve avere per sopravvivere, ovvero professare sui media mainstream la propria fedeltà euro-atlantica. Il dogma atlantista non deve essere mai messo in discussione, nemmeno se si traduce in un vero e proprio masochismo socioeconomico, capace di travolgere il tessuto sociale già fortemente compromesso per scelte assurde e autolesioniste.

Nientemeno appare molto chiaro che il nuovo governo proseguirà nel solco dei due precedenti sfruttando l’emergenzialismo di plastica, il terrore permanente e il clamore mediatico: tutti elementi imposti dal basso verso l’alto, così come la narrazione bellico-scientifica politicamente corretta, per ultimare ulteriori passaggi soprattutto di natura economica. È dunque il ben noto pilota automatico a dirigere le politiche della colonia italiana che già nelle ore successive alle conclusioni delle elezioni del 25 settembre aveva giurato perenne fedeltà alla causa ucraina, confermando il proprio amore forzato per il vincolo esterno europeista e filo Nato.



Insomma, appare chiaro che coloro i quali speravano in un cambio di rotta, come avvenne del resto in maniera molto più clamorosa nel 2018, rimarranno fortemente delusi dalle future manovre del nuovo governo che difficilmente potrà gestire una crisi indotta così profonda e secolare, segno della fine dell’attuale sistema.

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