L'esplosione dei gasdotti Nord Stream e l'attualità di Mackinder
Le esplosioni ai danni dei due gasdotti Nord Stream 1 (NS1) e Nord Stream 2 (NS2) aprono un nuovo capitolo dello scontro epocale che sta coinvolgendo il blocco NATO e la Federazione Russa. Un tale attacco non può non esacerbare il clima di tensione che si respira da mesi a questa parte e che potrebbe creare il presupposto per uno scontro frontale vero e proprio.
Se poi ci si aggiunge che un ex ministro polacco, tale Radek Sikorski, festeggi l’esplosione devastante dei due impianti con un “Grazie Usa” (il tweet è stato prontamente rimosso in seguito alle critiche); e che la CIA, come riporta il Der Spiegel, la scorsa estate avrebbe avvertito gli alleati tedeschi di un possibile attacco ai due gasdotti, allora la faccenda si fa più losca e insanabile. Le conseguenze economiche del sabotaggio si stanno progressivamente materializzando, con i principali media occidentali che non perdono tempo e incolpano subito Mosca, come se a Putin convenisse tagliarsi le gambe. Ma ci sono delle eccezioni, come il portavoce liberal New York Times, che non ha potuto non criticare l'ipotesi dell'auto-sabotaggio russo: “A prima vista, sembra controintuitivo che il Cremlino danneggerebbe i propri beni multimiliardari", ha riconosciuto.
Il vantaggio strategico di un tale attacco non può che
pendere dalla parte di Washington che in un solo colpo non solo si assicura
il vassallaggio di Berlino, che per la costruzione dei due gasdotti aveva investito miliardi alla
pari di Russia e Francia, ma fortifica sempre di più la sua
presenza europea essendo i paesi dell’Unione ora costretti ad approvvigionarsi
del gas liquido statunitense. Ma la questione ora è anche militare, vista l’escalation
degli ultimi giorni: Washington si salda sempre di più con i paesi
europei in vista della creazione di un blocco anti russo, funzionale poi per la
NATO per assicurarsi un vantaggio militare.
L'attualità della geopolitica angloamericana di Mackinder
Perché prendere in considerazione uno studioso di fine Ottocento? Halford Mackinder non è stato solamente un geografo di rilievo devoto a Sua Maestà,
ma anche uno degli architetti della futura geopolitica, prima britannica e poi americana. Le sue intuizioni, scritte in una serie di libri, si sono
rivelate funzionali per la creazione del mondo unipolare guidato dalla talassocrazia americana che si opponeva alle potenze di
terra come Germania e Russia. Un legame tra queste due forze, che
avrebbe creato un’unione euroasiatica, appariva, e appare ancora oggi, come il
principale nemico del dominio geopolitico americano, un dominio
non solo sul piano economico (predominanza del dollaro) e culturale (l’universalità
della lingua inglese), ma anche militare (dominio della NATO nei paesi dell’Heartland).
I timori di Mackinder nacquero durante gli anni di espansione della
Russia Zarista, un impero che a differenza degli altri cercava di dominare
già i mercati energetici, ai danni del Regno Unito che sin dalla formazione del
Canale di Suez, sotto il governo del primo ministro Benjamin Disraeli, aveva
spostato i suoi interessi nel petrolio e nei giacimenti di gas del Medio Oriente.
Dunque, un primo scontro si ebbe già nei primi anni del Novecento con il primo tentativo di Rivoluzione Russa (1905), condizionato dalla guerra
finanziata dalle élite americane tra la stessa Russia e il Giappone,
conclusasi con il Trattato di Portsmouth. Obiettivo degli angloamericani? Proseguire
il Great Game iniziato a metà del XIX secolo che contrapponeva britannici
e russi per il controllo dell’Asia Centrale. Dinamiche geopolitiche che lo stesso
Mackinder affermava in un suo articolo del 1904, ‘The Geographical
Pivot of History’, nel quale elaborò da una parte la teoria dell’Heartland,
al cui centro ci sarebbe stata la Germania, e dall’altra temeva l’espansione
dell’Impero Russo che proprio con la Germania avrebbe creato una nuova
potenza economica mondiale.
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