La dissonanza cognitiva del 25 aprile

 





Il 25 aprile è quel giorno dell’anno dove regna l’ipocrisia non tanto per la giusta ricorrenza storica, la quale merita di essere ricordata, quanto alla non capacità di capire gli eventi attuali. Del resto, non è una novità: la storia è un processo ciclico che si pone sempre con le stesse forme, ma con attori politici o economici diversi. Anche oggi, con una guerra alle porte dell’Europa, di quelle che non vedevamo almeno da metà anni 90’, escono fuori gli esperti geopolitici di turno che cercano in qualche maniera di categorizzare secondo metodiche novecentesche i personaggi politici oggi in auge. Mi riferisco ovviamente a Vladimir Putin che ora deve essere contraddistinto dall’appellativo di nuovo Hitler o di nuovo Stalin. Insomma, il leader russo che sicuramente ha parecchi scheletri nell’armadio, oggi viene disegnato dal mainstream occidentale come la personificazione del male senza sapere nulla della cultura russa che lui presiede e al contempo si cerca di screditarlo più di quanto i media hanno fatto per altri leader, anche loro aventi sul groppone qualche guerra sanguinosa. (Putin parla della bomba Ucraina almeno dal 2007, in due conferenze: a Monaco e a Bucarest, nelle quali, come riportava il Guardian, i presidente russo considerava l'espansione a est della Nato come una minaccia diretta).

Tornando al 25 aprile, fa sorridere che gli stessi che applaudono alla resistenza ucraina, una resistenza quantomeno che si poteva evitare se la Nato aveva voglia, sono gli stessi che difendono battaglioni o militanti nazionalisti (che tra l'altro hanno buoni rapporti con l'Alleanza atlantica) che tutto fanno tranne che difendere la loro popolazione essendo già stati invischiati in affari loschi (si legga il rapporto Ocse del 15 aprile 2016) contro i connazionali di etnia russa delle repubbliche separatiste (Donetsk e Lugansk) e avendo alle spalle crimini veri e proprio che oggi il mainstream non ricorda e più di 14mila morti totalmente ignorati. La rilettura del nazionalista, intesa come persona o combattente che difende la bandiera del proprio paese, cozza con gli ideali globalisti che invece animano i partiti di sinistra o comunque affini all’Unione Europea. Nella misura in cui essi criticano violentemente i personaggi dichiaratamente anti Putin allo stesso modo applaudono a milizie dichiaratamente naziste, più volte immortalate in posa con ritratti di Hitler o con in mano bandiere contraddistinte da svastiche. E se da un lato tale dissonanza cognitiva fa sorridere dall’altro fa capire quanto il pressapochismo e la mancanza di voglia di approfondire gli eventi sia in qualche modo devastante: ma non c’è da meravigliarsi in questo momento storico in cui l’ideologia allo status quo vale di più dei simboli o del recente passato.



Il Battaglione Azov, di cui pochi conoscevano l’esistenza fino a due mesi fa, non è l’unico sintomo nazionalsocialista presente in Ucraina. È bene sapere che non parliamo di forze politiche dichiaratamente di destra, ma di formazioni militari ben addestrate e pronte a fare di tutto per eliminare il russo di turno. È bene sapere inoltre che tale faccenda, quella russo-ucraina, ha radici antichissime, anche se il crocevia moderno è stato l’aiuto degli ucraini di Stepan Bandera (leader dell'Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini e fondatore dell'Esercito Insurrezionale Ucraino), onorato nel paese da varie statue, alle SS naziste che tentarono si arrivare indenni nell’allora Unione Sovietica. Da lì l’odio antirusso si è ingigantito in maniera evidente e le forze nazionaliste sono rimaste nell’ombra fino alla caduta del Muro, per poi tornare grintosamente in testa con le rivoluzioni a guida Usa del 2004 e 2014 (di cui oggi paghiamo le conseguenze). Come sottolineò Gianandrea Galiani di Analisidifesa, l’Unione Europea si ritrovava costretta a rinnegare i propri ideali nowar per andare dietro al padrone americano e a quei miliziani nazisti noti in quegli anni e ancora oggi come freedom fighters (lottatori per la libertà). Oltre ad Azov Galiani ricorda anche politici di formazione nazionalista diventati membri del parlamento o del governo. Ad esempio Oleksandr Sych, all’epoca vicepremier e membro di Svoboda. La stessa formazione in cui dominava Oleh Jaroslavovyc Tjahnybok, più volte immortalato assieme a John McCain e John Kerry, ex senatore ed ex segretario di stato Usa. Non si dimenticano inoltre Dmitri Jarosh, membro di punta di Pravij Sektor (Settore destro) che è stato deputato e oggi è accanto al Comandante delle forze ucraine Valery Zaluzhny come advisor.



Non ci dimentichiamo nemmeno delle fonti finanziarie dell'attuale esecutivo guidato da Volodomyr Zelensky. Igor Kolomoisky, oligarca tra i più importanti dell'Ucraina nonchè illustre rappresentante del mondo ebraico nel paese, ha prodotto la serie in cui il futuro presidente Zelensky fu protagonista, Servant of the People (nome tra l'altro del suo partito). Un ruolo per il quale fa abbastanza riflettere la sua presenza anche perchè Kolomoisky è finanziatore di diversi battaglioni di ispirazione nazista e inquadrati nell'esercito come il Dnipro-1 Regiment (una delle unità paramilitari ucraine più importanti assieme a Aidar, Dnipro-2 e Azov). Il reggimento è stato accusato dall'OHCHR (alto commissariato per i diritti umani) come responsabile di violazione dei diritti umani agli inizi del 2016.

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