Benvenuti nell'era della precarietà

 




In Italia i più incauti sembrano convinti che l’emergenza sia finita, di punto in bianco, lo scorso 1° aprile. Quella pandemia mondiale che ha colpito tutti noi si è spenta tre giorni fa ma come ogni scenografia politica la sua permanenza è destinata a rimanere. Già perché è una cosa deve essere chiara: l’emergenzialismo, come forma di controllo politico, è parte integrante del modello attualmente imperante e non se ne andrà a causa di una data tra l’altro reiterata all’infinito prima di essere adottata per evidenti ragioni giuridiche.

Insomma, appare chiaro che la struttura messa in piedi per fare fronte ad una emergenza presunta sia ora messa nel cassetto per poi essere ripescata quando vi è l’interesse per farlo (Draghi lo ha detto candidamente lo scorso 17 marzo). Tutto quanto detto diventa più chiaro soprattutto alla luce del fatto che praticamente tutte le misure adottate siano in un modo o nell’altro state confermate anche ora, cioè in un momento in cui legislativamente si dovrebbe tornare alla normalità.

Le misure a cui gran parte degli italiani hanno aderito acriticamente sin dagli inizi sono state relegate ora ad esercizi per così dire secondari; ma questo ci fa intendere la volontà di farle permanere in ambiti appunto poco toccati per non avere addosso il dissenso di tutta l’opinione pubblica. Del resto, la normalità, come abbiamo detto più volte, non tornerà se non emergerà nella mente dell’opinione pubblica la consapevolezza di ciò che sta accadendo.

Tra l’altro la frenesia usata nel decretare una emergenza, intesa come format da applicare, diventa lapalissiana con la guerra tra Ucraina e Russia. Una guerra, uno scontro armato, che in realtà rispetta molto la volontà di far perdurare ad libitum un sentimento, ossia quello della precarietà (non a caso in alcuni paesi si attuano già dei razionamenti) dovuta ad una situazione più grande atta a ridefinire ogni aspetto della nostra esistenza. Quindi, creando un terreno psicologico di questo tipo, dando vita a strutture di controllo sociale e a dinamiche praticamente inscalfibili, diventa molto semplice per i padroni del discorso traghettare la mente collettiva da una situazione di precarietà dovuta alla presenza di un patogeno respiratorio ad un'altra  invece segnata dalla paura del nucleare. È tutto veramente molto semplice perché usando il trucco della paura si può effettivamente resettare ogni individuo, in ogni suo aspetto esistenziale e legato alle sue credenze e conoscenze.

Ma il fatto che tutto ciò che abbiamo visto con i nostri occhi sia in un certo senso apparecchiato per una nuova tavolata è confermato dagli stessi protagonisti. Difatti, sia Mario Draghi che Roberto Speranza (il quale ha ricordato per l'ennesima volta che la pandemia è ancora presente qui con noi, dando un forte segnale per il prossimo futuro), due che quando parlano non lo fanno mai a caso, hanno praticamente confermato nemmeno così surrettiziamente che sì, una volta conclusa la fase della carota tornerà quella del bastone, quella dunque caratterizzata mediaticamente dall’uso strumentale delle morti giornaliere totalmente svincolate da parametri quali età e malattie pregresse. C’è da dire inoltre che il fatto che il green pass sia ancora in vigore oltre la fine dello stato d’emergenza, per molte attività, sia un segnale d’allarme quantomeno visibile: perché uno strumento da considerarsi emergenziale, perché nato presuntivamente per abbattere un contagio calcolato con tamponi stabilizzati su cicli più alti del dovuto, è ancora in vigore ora che si è tornati alla normalità? Qual è la ratio dietro questa gigantesca operazione di digitalizzazione (perché i certificati digitali vanno a confluire in registri specifici)? Ovviamente l’unica ragione, tra l’altro già rammentata in diversi articoli, è proprio relativa al fatto che avendo rotto gli argini della volontà e legando i diritti fondamentali ad un certificato che presto probabilmente diverrà completamente digitale, è molto facile farlo diventare di uso comune. Ora, anche i più duri difensori della causa governativa lo stanno capendo a causa di minacce di dosi sempre maggiori legate al certificato verde, il quale è da considerarsi valido o invalido a seconda degli umori del governo.

 

 

 

 

 

 



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