Il Grande Reset prosegue sotto una nuova veste

 





 Il racconto loquace e per questo pervasivo della situazione russo-ucraina sta stralciando definitivamente quel residuo di criticità rimasto nelle coscienze delle masse. Le quali, dopo due anni pieni di smarrimento, propaganda, narrazione a senso unico avente come scopo creare una mente collettiva, non hanno assolutamente la minima comprensione globale di ciò che sta accadendo, delle problematiche che arrivano e che arriveranno se si continua con la parsimoniosa adesione alle direttive provenienti dall’oltremanica e dall’oltreoceano. Insomma, ci stiamo dando la zappa sui piedi e lo stiamo facendo senza che comprendere al meglio il perché lo facciamo. La più candida delle giustificazioni è che dobbiamo tenere al popolo ucraino più di quanto teniamo al nostro popolo, vessato da due anni. E per fare ciò cosa si fa se non ostentare il nemico russo che attraversa i confini senza dare uno sguardo generale di ciò che accaduto negli otto anni precedenti? La propaganda funzione così: ti mette davanti un problema o comunque un fatto che offre ripercussioni importanti sganciandolo da qualunque legame geopolitico, storico, culturale e sociale. La notizia ti viene confezionata come se fosse un prodotto commerciale ben definito e di marca; una volta scartato lo si assaggia e lo si butta una volta finito. Fatto questo quello stesso prodotto, nel nostro caso culturale, ti viene offerto di nuovo e così si va avanti all’infinito.

La propaganda inoltre fa leva sulle emozioni, che devono essere estremizzate a comando quando vi è necessità a riguardo. La comunicazione televisiva poggia su questi gradini: senza un’adeguata spolverata di sensazionalismo stenta a farsi strada tra le psicologie delle folle fino a non arrivare al suo obiettivo principale: modificare i comportamenti ed influenzare le opinioni. Non sorprende dunque che tutta la retorica bellica che è iniziata due anni fa continui ancora oggi a colpire l’immaginario collettivo. Paletti ideologici erano e tali sono rimasti nonostante l’evidente cambio di narrativa che ha portato nei salotti televisivi prima i virologi e poi gli analisti geopolitici; nel mentre il mare magnum di infodemia programmata e di guerra psicologica persiste abbagliando le menti deboli che non si accorgono che mentre si parla delle dinamiche geopolitiche dall’altra persistono le misure adottate nell’emergenza precedente. Siamo talmente abituati, o meglio sono talmente abituati gli italiani, che non si sono nemmeno resi conto del cambio di casacca dell’emergenza. E così, tra paura e rassegnazione, ci addentriamo ad una nuova fase di crisi programmate che dovrebbe avere come fine il Grande Reset (decarbonizzazione, globalizzazione e digitalizzazione totale), un grande stravolgimento delle economie occidentali in funzione di un riassetto sociale deciso dalle elitè occidentali.

E proprio il guru del Reset Klaus Schwab ci da una mano in merito alla vicenda. In un suo breve scritto apparso sul sito del WEF ha dichiarato di sostenere apertamente l’Ucraina e che il suo concilio farà da ponte per la riappacificazione tra i paesi. Più che un’affermazione benevola nei confronti del popolo sembra quasi un modo politicamente accettabile di cambiare narrazione, del resto l’ingegnere tedesco aveva già definito la pandemia come opportunità per “migliorare il mondo” dando vita a strutture resilienti e sostenibili; e non si dimentichi il lancio del suo The Great Narrative, un volume intriso di utopia e di decrescita felice che fa accenno proprio al sacrificio come virtù del cittadino globale. La stessa retorica viene usata nel contesto bellico e questo ci porta ad una considerazione: le due emergenze provocano gli stessi effetti e sono nate entrambe seguendo un timing quantomeno discutibile. Prima dell’immersione massmediale della guerra la pandemia stava letteralmente franando. Ma come per magia ha dato il testimone ad un altro terrore mediatico, questa volta già strutturato a differenza di un paio di anni fa. I media non hanno fatto altro che far fagocitare all’opinione pubblica europea un nuovo nemico, un nuovo capro espiatorio, il quale si merita di essere ghettizzato e marginalizzato. E il World Economic Forum, non l’unico ma senza alcun dubbio uno dei centri di potere più influenti attualmente, ha colto la palla al balzo per scrivere una nuova pagina di infodemia a cui, purtroppo, ci stiamo pericolosamente abituando. Del resto, lo stesso Schwab, lo scorso 19 novembre 2020 ce lo aveva detto chiaramente: la vita di prima non tornerà più.

In particolare il conflitto russo-ucraino sta rafforzando alcuni dei punti dell'Agenda di Davos, soprattutto in Europa, scenario principale scelto dal Forum. In particolare l'incertezza economica porterà:

1.ad un drastico ridimensionamento della forza lavoro globale a causa dell'incertezza dovuta ad una economia morente.

2. alla centralità degli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e l'utopia delle emissioni zero.

3.alla trasformazione del settore agricolo (l'Ucraina fornisce gran parte del grano e delle materi prime alimentari) sdoganando la convergenza dell'industria della biologia sintetica con quella delle tecnologie digitali.

4.alla digitalizzazione dell'economia e del lavoro, con un particolare riferimento allo smart working visti i rincari del prezzo dei carburanti.


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