Dalla narrazione pandemica a quella bellica: l'emergenzialismo come nuova normalità

 





Dal triste e mediaticamente corretto scenario pandemico siamo passati in poco più di tre giorni a quello tristemente bellico. Dai numeri Covid, i quali ci mostravano morti e positivi in maniera incontrovertibile, a quelli relativi agli spostamenti delle truppe russe sul fronte ucraino. La narrazione mediatico-televisivo-giornalistica ha trovato ancora una volta la scappatoia necessaria allo smorzamento della vicenda pandemica nella repentina, ed evitabile, escalation militare che ha coinvolto Russia e la Nato. Chiave di tutto questo è sempre la paura, la quale viene amplificata a prescindere da che i fatti siano veri oppure no. Se con la questione pandemica molti avevano, giustamente, dei seri dubbi riguardanti la modalità con cui i numeri venivano espressi e poi comunicati a tambur battente, oggi la questione sì fa molto più complessa: siamo passati in breve da una guerra narrata ma mediatica ad un conflitto bellico vero e proprio che dimostra, se ancore ce ne fosse bisogno, l’incessante declino geopolitico del comparto occidentale a guida Usa-Nato, iniziato a marzo 2020 appena furono “normalizzati” provvedimenti quali lockdown e mascherine. Ciò su cui occorre riflettere però è quanto la narrazione mediatica sia fondamentale nella costruzione delle opinioni in funzione della percezione della realtà. Prima si parlava in maniera incessante solo di malattia e di terrore sanitario, oggi si fa di tutto per incolpare un paese solo perché non si conoscono i motivi geopolitici di questa azione che ovviamente hanno un riscontro mediatico molto forte, a tratti anche furioso nei confronti dell’immaginario collettivo occidentale.

Stando ai fatti ci troviamo in un punto di non ritorno. Mai avevamo assaggiato o quantomeno immaginato che prima o poi i venti di guerra sarebbero tornati a bussarci la porta. Del resto, siamo comunque abituati, vista la situazione covid ormai al tramonto, ad un controllo sociale pedissequo e quasi indiscutibile. Ciò di cui le istituzioni si servono sono l’obbedienza e la passività nell’accettare le regole, anche se ingiuste, da parte di noi cittadini (per fortuna non tutti). Una volta assimilate queste state pur certi che saremo disposti ad accettare anche l’inverosimile. Ad esempio, si pensi alla questione del Freedom Convoy dove coraggiosi lavoratori hanno ribadito il loro secco no alla situazione obblighi sanitari. Ebbene la reazione di un paese come il Canada, noto ai più per essere un’avanguardia liberale, è stata devastante nella misura in cui è stata ignorata da ogni media occidentale. Il governo di Ottawa non ha avuto nessuno scrupolo nel chiudere i conti correnti dei lavoratori e nell’approvare un decreto emergenziale come l’Emergency Act che ha poco da farci stare sereni. Oggi, per fortuna, le acque si sono calmate ma rimangono ancora le cicatrici di un precedente giuridico che, chi lo sa, potrebbe materializzarsi anche in caso di guerra sistematica tra Occidente e mondo russo, ormai non più uno scenario distopico ma una realtà acquisita dalla maggioranza dell’opinione pubblica. Questo significa che lasciapassare, generali della Nato a capo della distribuzione dei vaccini, comunicazione bellica giornaliera sfiancante, sono tutti elementi non sanitari ma politico-bellici a cui ormai, purtroppo, la popolazione reagisce senza nemmeno battere ciglio. Assimilare e digerire una simile situazione significa tollerare anche misure ancora più estreme: questo ci deve far riflettere in un momento storico di rottura, dettato e ratificato, da una politica assolutamente inerme che quantomeno ha gettato le basi per un controllo sociale sempre più massivo e onnipervasivo.

 

Ma i più attenti lo avevano capito sin dall’inizio: ciò a cui stavamo assistendo non era una crisi sanitaria ma politica, segno che l'incontrastabile crollo di credibilità del gigante americano era imminente . Molti non sanno che l’operazione Covid è stata necessaria per dimostrare che gli Usa stanno progressivamente mollando la presa nei confronti dell’alleato europeo in funzione di una sempre più massiccia presenza cinese (e i provvedimenti liberticidi lo dimostrano appieno). E la situazione russo-ucraina conferma tutto ciò in quanto l’unico soggetto che ci rimetterà non saranno né gli Usa né i russi ma solo l’Europa. Le importazioni di gas rallenteranno sempre di più, le materie prime diverranno sempre più rare fino a mettere in ginocchio anche le più grandi industrie che non a caso, proprio in Russia, operano in maniera brillante da decenni. Significa in poche parole gettare nella disperazione il comparto produttivo europeo per la non volontà americana di mollare il proprio unipolarismo a scapito del gigante cinese (si, perché nonostante tutto è proprio la Cina a guadagnarci da un Europa stanca e morente; la Russia non ha motivi per raccogliere l’eredità americana se non dal punto di vista del controllo dei propri confini).

 


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