La Rockefeller Foundation scende in campo contro il climate change (per l'ennesima volta)
La Fondazione Rockefeller scende in campo per combattere i
cambiamenti climatici, partecipando alla COP26, evento relativo al presunto disastro
globale in atto. A Glasgow, luogo in cui si è svolto l’incontro trasnazionale,
tra classici buonismi perennemente in voga e litanie sempreverdi, si è detto
che il mondo è in crisi e dunque bisogna correre. Si è data vita all’ennesima iniziativa
globale, il Global Energy Alliance for People and Planet, che vede assieme ai
Rockefeller anche Jeff Bezos di Amazon, Ikea e altri, con l'obiettivo di tagliare il metano e di regolamentare le emissioni di carbonio entro il 2030
Non è cambiata molto la narrativa attorno a .questo problema tra l’altro smentito anche da importantissimi scienziati del clima e premi Nobel (Ivar Giaever tra i tanti) che più di una volta hanno spiegato che il cambiamento climatico non è un problema antropico, quindi creato dall’attività umana, ma dalle naturali eruzioni solari che mediante la loro azione modificano le temperature sul nostro pianeta. Già negli anni 70’, grazie a rapporti come The Limits of Growth del Club di Roma e delle Nazioni Unite (la prima COP, Conferenza delle parti, è andata in scena nel 1992), si è artificialmente e mediaticamente creato il problema. Gli stessi Rockefeller con le loro ramificazioni hanno finanziato organizzazioni che propagandano il cambiamento climatico. Il Rockefeller Brothers Fund ha materialmente aiutato Maurice Strong, un petroliere canadese, a dare vita al noto IPCC, organismo atto a verificare il modificarsi del clima sulla terra. Lo stesso Strong era stato anche membro della Rockefeller Foundation e mentore di altri globalisti, oggi molto in voga, come il leader del World Economic Forum Klaus Schwab, che oggi potremo definire il suo erede nonché esecutore delle sue idee (basti pensare al Grande Reset tanto da lui sognato).
Ma questo non conta, bisogna mantenere sempre le popolazioni
attanagliate da un probabile pericolo. Del resto, non è una novità che si evochi
il thatcheriano “there is no alternative”. È un mantra del neoliberismo creare
dei mostri e offrire la soluzione per distruggerli. Ed infatti attorno a questi
ruotano sempre le solite fondazioni, banche centrali, multinazionali che investono
nel settore verde, i fondi di investimento che creano vantaggi alle aziende che
disincentivano le emissioni di carbonio, miliardari che si preoccupano del prossimo
mettendo da parte i loro scheletri nell’armadio. L’obiettivo comune è sempre
quello di favorire processi politici precisi, volti a cambiare lo stile di vita
delle persone, mettendo sempre in risalto il fatto che è la popolazione a fomentare questi cambiamenti, e non le politiche scellerate degli ultimi anni.
Appare poi curioso che in questi eventi melensi non partecipino
paesi che hanno contribuito a tale “problema”. La Cina, ad esempio, non ha
partecipato alla COP26, eppure è uno dei paesi più inquinanti del mondo e negli
ultimi dieci anni ha triplicato le sue prestazioni industriali per diventare una
delle potenze mondiali.
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