Il totalitarismo dell'informazione sanitaria

 






Il totalitarismo dell’informazione è uno dei concetti imperanti in questa fase caldissima che stiamo vivendo nella quale ogni diritto sembra essere sempre più compresso dalle autorità. E non sembra esserci uno spiraglio di positività quando diventa poi uno strumento di vero e proprio potere, atto a decidere la vita di milioni di persone incautamente speranzose nel ritenere il totalitarismo stesso illuminante in quel percorso salvifico che li dovrebbe aiutare a tornare alla disperata normalità (che difficilmente ritroveremo). Del resto, non è una novità che l’informazione mainstream, quella certificata per intenderci, veicoli in maniera così persuasiva l’opinione pubblica orientandone i comportamenti e facendo si che si avvii verso un terreno preciso, dove il potere stesso ha la mano libera di fare quel che vuole. Al contempo il totalitarismo dell’informazione con la sua pervasività e onnipresenza ammazza anche quel concetto che ci è stato inculcato fin da piccoli, ossia quello spirito democratico senza il quale non possiamo considerarci persone degne di questo nome. Ebbene in due anni, coloro i quali hanno alzato in dito in nome di quel diritto, sono stati derisi, vilipesi, accerchiati da quegli stessi bontemponi che prima magnificavano e glorificavano la bellezza della democrazia.

Non mancano poi i riferimenti al terrorismo mediatico che risulta ovviamente funzionale al totalitarismo dell’informazione che stiamo vivendo, o meglio, che stiamo subendo da due anni tondi. È funzionale ad uno schema informazionale ben preciso in cui ogni parola viene pesata e ogni sospiro viene inquadrato in un ambito puramente emotivo, una comunicazione questa che colpendo la pancia e non la parte critica riesce nell’impresa di condizionare in maniera esemplare i comportamenti. Gustave Le Bon, più di un secolo fa, nel suo celebre volume incentrato sulle folle, ci aveva avvertito di quanto questo condizionare la massa sia uno strumento del dominatore nei confronti del dominato. Le folle sono irrazionali per loro natura. Seguono il leader senza minimamente pensare a cosa dice o a cosa fa. Bisogna agire in nome di un raggiungimento di un benessere collettivo, il quale verrà poi rimandato all’infinito. Mentre accade questo, ciò che si evince dalla situazione che viviamo è anche la prostrazione a cui la maggior parte fa giuramento: quella promessa di libertà, di ritorno alla normalità, ha accelerato processi di subordinazione che mai prima si erano visti. Nemmeno negli esperimenti sociali delle università americane degli anni 50’/60’, quelli che ospitavano professori del calibro di Stanley Milgram (noto per il suo esperimento sull’obbedienza all’autorità) e Solomon Asch (padre dell’esperimento sul conformismo), avrebbero mai sperato in un condizionamento così esemplare e organico.

Ma il totalitarismo dell’informazione e il terrorismo mediatico hanno bisogno delle loro ancelle che con la loro retorica riescono ad imbonire l’opinione pubblica. Il declassamento del ruolo di giornalista, da guardiano dell’informazione a cameriere del potere, è stato tanto rapido quanto incredibile: non è una novità che in contesti totalitari il giornalista diventi espressione infima del potere che lo ammaestra, ma se prima vi era almeno un’alternativa, una voce dissenziente, oggi queste sono rare come l’acqua nel deserto. E questo impoverimento culturale della televisione italiana ha pesato tantissimo sulla formulazione delle nuove abitudini a cui stiamo facendo riferimento da due anni a questa parte. Pensateci un attimo se all’inizio avessimo assistito ad un dibattuto democratico sull’utilizzo o no di una determinata misura sanitaria, credete veramente che l’opinione pubblica avrebbe reagito come abbiamo visto, piegandosi e rispettando anche le più folli misure? Sicuramente la presa in atto di una condizione eccezionale, come quella pandemica, avrebbe riscoperto anche le più recondite paure, ma un conto è affrontare queste con l’ansia da prestazione, un altro è invece capire il problema è agire in nome della razionalità.

Sono recenti le dichiarazioni del ministro della salute tedesco Jens Spahn che seguendo Mario Draghi ha sentenziato che i tedeschi dovranno essere vaccinati, guariti oppure moriranno. Ora, parole del genere più che suscitare scandalo rasentano un insulto all’intelligenza di milioni di persone che in nome di quella libertà che stiamo perdendo rimangono imperterrite. Queste dichiarazioni aprono ad un altro scenario dell’informazione pubblica che stiamo vivendo in prima persona, il cambiamento epocale del politico che lungi dall’essere considerato un intellettuale in passato era come minimo dotato di un grande senso civico. Oggi invece il politico, e in Italia lo sappiamo benissimo, sono diventato o sponsor viventi di farmaceutiche o serbatoi di paura, odio, demonizzazione del dissenso, robot programmati per fare cose, dei veri e propri burocrati che eseguono ordini impartiti.

 

 

 

 

 

 

 



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