L'intervento di Agamben e la censura di Facebook

 





Colpisce non poco, per anche chi non è abituato alla vulgata mainstream, il discorso che il filosofo Giorgio Agamben ha effettuato in un'audizione alla Commissione Affari Costituzionali del Senato incentrato sui rischi che la “democrazia” sta vivendo, ma non da ora, ma da almeno un anno, ossia da quando è stato emanato il primo stato d’emergenza. Il filosofo, noto come uno dei più illustri d’Italia e d’Europa, ha ribadito che l’introduzione del green pass è tutt’altro che uno strumento sanitario, ma solo un dispositivo aprente un nuovo scenario post-democratico. Uno scenario in cui si dovrà dimostrare di essere sani e dove per la prima volta è introdotta per legge una vera e propria discriminazione, la quale diverrà poi giocoforza un vero e proprio paradigma politico. Lo stato, come ricorda il filosofo, tende a discriminare chi non si procura la tessera verde giudicandolo come irresponsabile quando è proprio lo stato a non essere responsabile perchè si ritiene estraneo agli eventuali eventi avversi della vaccinazione:

"Il primo è l’evidente contraddittorietà del decreto in questione. Voi sapete che il governo grazie ad un decreto è esentato da ogni responsabilità per i danni prodotti dal vaccino. E quanto gravi possano essere questi danni risulta dal fatto che l’articolo 3 dello stesso decreto menziona esplicitamente gli articoli 589 e 590 del codice penale, che si riferiscono all’omicidio colposo e alle lesioni colpose.

Come autorevoli giuristi hanno notato, questi significa che lo Stato non si sente di assumersi la responsabilità su un vaccino che non ha terminato la sua fase di sperimentazione. E tuttavia allo stesso tempo cerca di costringere con ogni mezzo i cittadini a vaccinarsi, escludendoli altrimenti dalla vita sociale e ora, col decreto che state votando, privandoli persino della possibilità di lavorare".


Per Agamben non occorrono chissà quali parole per descrivere quello che si sta vivendo, un qualcosa di unico a livello sia continentale che globale. Che l’Italia sembra aver accettato senza un minimo ritegno, negando la propria costituzione e i diritti che questa porta avanti, tra alti e bassi, dal più di 70 anni. Un attacco indegno, spudorato ad un sistema retto da politici incapaci di gestire e di comunicare al pubblico, in grado solo di scontrarsi con la controparte in un teatrino balordo che ha stancato qualche milione di persone. Questo balletto Covid finirà prima o poi, ma purtroppo rimarrà nella nostra l’immagine di un’Italia distrutta e malandata, malridotta al punto che persino il presidente della Repubblica auspica un paradigma politico che sostituisca quello ora vigente e prossima alla decimazione definitiva.

" Il secondo punto sul quale vorrei attirare la vostra attenzione non riguarda il problema medico del vaccino, ma quello politico del green pass. È stato detto da scienziati e da medici che il green pass non ha in sé alcun significato medico ma serve ad obbligare la gente a vaccinarsi. Invece io penso si debba dire il contrario: ovvero che il vaccino sia un mezzo per costringere la gente ad avere il green pass. cioè uno dispositivo che permette di controllare e tracciare gli individui, misura che non ha precedenti.

I politologi sanno da tempo che le nostre società sono passate dal modello “di disciplina” a quello delle società “di controllo”, fondate sul controllo digitale, virtualmente illimitato, dei comportamenti individuali. Ormai diventati quantificabili. Ci stiamo abituando a questi dispositivi di controllo. Ma, vi chiedo, fino a che punto siamo disposti ad accettare che questo controllo si spinga?

Conclude Agamben:

"È possibile che i cittadini di una società che si pretende democratica si trovino in una condizione peggiore dei cittadini dell’Unione Sovietica sotto Stalin? Voi sapete che i cittadini sovietici erano costretti a mostrare un lasciapassare per ogni spostamento da un Paese all’altro. Noi invece siamo costretti a mostrarlo anche per andare al ristorante, al museo, al cinema e ora anche per andare a lavorare.



A corroborare poi quest’aspetto inquietante di controllo dei flussi informativi ci ha pensato il solito Facebook. Il social, infatti, ha censurato l’intervento del professor Agamben giudicandolo, come fa quando ha difronte materiale scottante, non aderente alle osservazioni dell’Oms. In altre parole, l’intervento è da censurare perché fuori dal frame dell’informazione dominante e perché ha messo il dito definitivamente nella piaga, dando una visione lucida di ciò che sta accadendo e al contempo ha rammemorato ai flaccidi senatori italiani di avere nella loro mente quello che stanno per discutere, ossia un certificato senza precedenti se non nei regimi che noi tutti conosciamo.




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