La cinesizzazione dell'Italia è in atto

 







Sin dall’inizio della storia Covid una cosa era abbastanza chiara: le democrazie occidentali stavano dicendo addio ai loro sistemi, ai loro parlamenti e pertanto era sempre più vicina l’ombra di quella Cina distante chilometri. Eppure, quella che prima era una semplice intuizione, nata dal dubbio dei provvedimenti presi dai governi Conte II e Draghi, è ora sempre più realtà, ossia che l’Italia sta letteralmente diventando un laboratorio sociale in cui si testano misure totalitarie. Sin dal primo lockdown di marzo 2020, arrivato addirittura prima della conferenza stampa di Ghebreyesus, direttore dell’OMS, la tendenza di una Cina sempre più vicina occupava le menti degli osservatori. Del resto, era impensabile attuare un provvedimento di chiusura totale del genere in un paese democratico, eppure le cose sono andate secondo un percorso prestabilito che vedeva l’Italia come paese ospite del modello chiusurista cinese.

Non sono bastate le fanfare di coloro che difendevano il provvedimento atto a chiudere tutti in casa con la speranza di abbattere la diffusione di un contagio. I numeri a bocce ferme dei relativi benefici del lockdown dicono tutt’altro, ovvero che si è rivelato uno strumento perfetto per demolire l’economia e ha dall’altro lato accelerato quei processi di digitalizzazione cari a Beppe Grillo e al Movimento 5 stelle. La chiusura totale degli esercizi economici, l’avvio del cosiddetto smart working, l’avvento della didattica a distanza hanno decretato la nascita di un nuovo momento storico, mai sperimentato in un nessun recente momento pandemico o a rischio sanitario. In passato si erano si imposte forme di quarantena per gli ammalati, con il fine di contenere il contagio, ma mai si era pensato a serrare in casa milioni di persone, sane, in modo da distruggere la socialità e la psicologica che ne deriva. Insomma, detto in parole povere: è facile chiudere in casa milioni di individui che vivono nell’Hubei ma era invece complicato costringere gli occidentali a digerire massicce chiusure. Ed invece questo è stato realizzato con la compiacenza di tutti i media concordi nello sposare l’unica via narrativa da usare, quella della paura.

Il green pass è l’antesignano del credito sociale cinese

Pensare che uno strumento come il green pass sia pensato per ridurre i contagi e per far ripartire il paese, mi spiegheranno lorsignori cosa significa ripartire quando l’Italia è ormai una nazione spaccata in due e la cui base giuridica è fortemente compromessa da un governo di incompetenti, è sintomo di incapacità di usare il cervello. E non mi si dica che un passaporto sul telefono, o una carta con un Qr code stampato, sia una sorta dispositivo che ti conceda la libertà. Quella stessa libertà che prima, con tutti i limiti del caso, consideravamo sacra. Oggi per considerarti libero devi viaggiare con uno smartphone e dimostrare di essere sano da un virus che nella maggioranza dei casi è asintomatico o comunque non provoca chissà quli problemi. È la tecnocrazia, o meglio la biopolitica, bellezza!

Ma ciò che inquieta di più dietro a questo strumento è che potenzialmente potrebbe essere usato per tutto e in ogni contesto. Dal limitare gli spostamenti a causa dell’inquinamento globale, fino a non usare la carta di credito a causa della mancata vaccinazione. In futuro, secondo alcune agende già in atto, queste cose diverranno la realtà. Ed ecco che la Cina torna di moda. Li, da alcuni anni, è in voga un sistema degno di ogni apparato totalitario, che non a caso ricorda molto il green pass: il sistema del creditosociale. Un documento del buon cittadino, in cui quest’ultimo è libero di vivere a patto che i suoi rapporti col governo siano alle stelle. In caso contrario non merita di andare su un treno o al cinema, di lavorare o di recarsi ovunque gli pare. La sua vita sarà decisa da un aggeggio digitale e i suoi interessi saranno tali sono in funzione di una decisione presa da una intelligenza artificiale. In Cina in particolare il credito sociale agisce come una sorta di patente a punti che in base al comportamento ti permette di ricevere vantaggi o al contrario di vederti rinunciare ai diritti. È folle pensare che si sta aprendo una finestra di Overton in Europa, ossia che si stia sdoganando un documento non uguale al social credit system ma comunque mirante a quella direzione? I dubbi ci sono e vorremmo che la popolazione si renda conto dei pericoli che sta vivendo in questo delicato momento storico.

 

 

La svolta tecnocratica di tipo cinese è qui tra noi

Pertanto, è utile riflettere anche sullo stato d’emergenza che stiamo vivendo. Una caratteristica tipica della dittatura è proprio quella di prolungare una emergenza, sia essa reale o inventata. Ciò che conta è estendere la legiferazione emergenziale e mettere da parte quelle scomode e insopportabili fasi parlamentari. Carl Schmitt lo chiamava stato d’eccezione, Michel Foucault biopolitica. È in nome della tecnica che, in questo momento, le decisioni vengono prese. Come accade ovviamente nella Cina di Xi Jinping, al vertice assoluto del Partito Comunista Cinese, anche in Italia, con le dovute differenze tecniche, si è arrivati ad adorare cabine di regie, comitati tecnici scientifici e a considerare autorevoli personaggi evidentemente collusi con l’industria. Strumenti nemmeno contemplati in un ordinamento democratico ma che ormai, nel segno della rana bollita, sono diventati normali, una consuetudine abbastanza inquietante che ci avvicina allo scenario cinese.


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